UMANI, SOLO UMANI, NIENT’ALTRO CHE UMANI

Carissimi fedeli,
lo so che sono tantissimi i risvolti spirituali della Solennità del Natale: nella povertà della grotta del mio animo cerco con tutto me stesso, con l’aiuto dello Spirito e la mano dolce di Maria, prima esegeta, di trovarne almeno qualcuno per offrirlo alla vostra meditazione; così in questo cammino che il Signore, nella sua bontà ci sta facendo compiere, possiamo trovare motivazioni di crescita spirituale e perciò umana. Sì, perchè proprio questo è il primo spunto: vogliamo conoscere se stiamo crescendo nello spirito e se Cristo sta crescendo in noi e nei gesti della nostra vita? Chiediamoci semplicemente se stiamo diventando più umani nella nostra relazione con gli altri e nel nostro modo di essere con gli altri; ed anche se più poveri, o meglio, più coscienti della nostra povertà che è ricchezza-tesoro. Chiediamoci se, come una chitarra, riusciamo anche nelle relazioni più difficili, a far emergere dai nostri cuori le note più belle della nostra umanità e fra di noi semplicemente ci incontriamo come uomini accanto ad altri uomini: “Come è umano lei!”- esclamava Fantozzi nei film di cui è stato protagonista; “Ehi man, che cammini accanto a me dall’altra parte della strada”, canta Zucchero Fornaciari. Gesù, che si fa uomo, ci insegna prima di tutto ad essere fino in fondo uomini, nella gioia di esserlo, evitando di esserlo un po’ di meno (l’ommenicchio, di cui parlava Totò), e senza la pretesa di esserlo un po’ di più (il superuomo di Nietzsche). Risplenda l’umanità di Cristo nella mia umanità, quella umanità esaltata dal Vangelo, quella delle lacrime di dolore per gli amici perduti o di solitudine davanti alla città Santa, quella della gioia alla festa di nozze a Cana, dell’ ansia spirituale per la sua, tanto desiderata, Pasqua, della compagnia mai negata ai poveri e ai diseredati, dell’ indignazione per i cuori di pietra di chi non voleva accogliere il Dono, fino a quella della compagnia chiesta agli amici nella tristezza dell’Orto degli ulivi. Uomini fino alla cima più alta, cioè fino ai piedi dell’altro, augurava, se non erro, ai suoi seminaristi, don Tonino Bello. E poi vorrei in questa sede continuare uno spunto avviato in qualche riflessione comune di Avvento; io non so se ci abbiamo fatto caso: da Isaia nella prima lettura della S.Messa vigiliare ci viene detto che anche il popolo sarà chiamato gioia, non solo Gesù, che, con S. Alfonso, abbiamo accolto come gioia nostra. Il miracolo sta nel fatto che “e scarrafoni”, grazie alla presenza tra di loro del Messia-Gioia, diventano, come per magia, anche essi belli e sono chiamati “gioia del Signore”, perché possono diventare santi, guardare il cielo, elevarsi verso l’alto, aspirare alle massime altezze, rinnovare la loro umanità, sollevarsi dal fango e costituire la gioia perenne del Padre Celeste con il loro comportamento, le loro parole e i loro gesti, ma soprattutto abbandonando il peccato e la vita vecchia. Inoltre come quando nel nostro organismo entra un corpo estraneo, così alla luce di questo Natale, delle celebrazioni a cui parteciperemo, delle preghiere che eleveremo e della Parola che ascolteremo, voglio sperare per me e per voi che entri un po’ di più il lieto annuncio dell’Emmanuele, del Messia che è con noi, sempre e questa notizia bella ci dia gioia. Ma, don Luigi, questo significa che non dovremmo più soffrire? No, carissimi e carissime, questa è una pia illusione e io non voglio alimentarla, lasciamo soltanto che il canto natalizio ce lo auguri, ma sappiamo che la realtà è dura e noi vogliamo restare con i piedi per terra. Dobbiamo però sapere, grazie al sano contagio della fede natalizia, che dentro questa dura realtà c’è anche Lui, tanto invisibilmente ad occhi solo umani, che sembra quasi sfuggirci se non stiamo ben attenti; ma Egli c’è, diciamolo che c’è, crediamoci che c’è e solo Lui è la nostra gioia e la nostra consolazione, non aspettiamo da altri gioie e consolazioni. E poi lasciamo che Egli nasca ancora sul nulla d’amore dei nostri singoli cuori. Maria Lo poggi, come su un cuscino, sul nostro cuore, affinché nasca e rinasca fra noi ed in noi, Dono Celeste per questa umanità. Che Egli nasca per compiere fra noi la rivoluzione tanto desiderata da papa Francesco, quella della tenerezza e della poesia. Se lo Sposo ci ha tanto corteggiato da innamorato, ora che è arrivato non possiamo proprio mostrarci indifferenti!

Don Luigi, servo di cui lo Sposo è innamorato, comunque

24 dicembre 2019, gregorio-de-stefano